Ubicazione e architettura:
Il complesso manicomiale di San Servolo presenta un impianto ibrido, con padiglioni indipendenti e corpi aggregati al complesso conventuale preesistente, a pianta rettangolare, pianta a “T” o pianta mistilinea.
Situato sull’isola della laguna veneta, isolato rispetto al centro cittadino, il primo nucleo del manicomio di si inserisce all’interno degli ambienti del monastero, a cui si aggiungono in tempi diversi strutture costruite ex novo. Le strutture monastiche più antiche e la Chiesa di San Servolo vengono edificati dai benedettini giunti sull’isola agli inizi del IX secolo.
Il complesso conventuale subisce numerose e graduali modifiche nel corso nei secoli successivi. Durante il Settecento vengono realizzati diversi interventi voluti dall’ordine monastico allo scopo di conferire maggior monumentalità all’Istituto. Il progetto per la ricostruzione della chiesa, ultimata nel 1761, è affidato a diversi architetti e risulta attribuita dalla critica contemporanea, tra cui Giovanni Scalfarotto, a Tommaso Temanza. La facciata dell’edificio è parzialmente nascosta dal portico antistante e affiancata da due campanili con cupole a bulbo. L’aula, a pianta quadrata, ha angoli smussati e si conclude in un profondo presbiterio. La scansione rigorosa dell’interno si discosta dal decorativismo barocco ricordando la sensibilità classica del Temanza.
La pianta risalente al 1820, redatta da Padre Sestelli, presenta una struttura articolata in corpi aggregati in modo irregolare estesi su circa metà area dell’isola. Il manicomio è articolato nei corpi orientali, divisi in sezione maschile, a sud, e sezione femminile a nord. Gli ambienti lungo i cortili antistanti alla chiesa, verso ovest, ospitano i locali conventuali e i servizi generali, tra cui: la cucina, il forno, la farmacia, il laboratorio chimico e il camposanto. La chiesa risulta inglobata nel complesso per mezzo di un quadriportico.
Nel corso dell’Ottocento si attuano diversi lavori di manutenzione e ristrutturazione volti ad ampliare la volumetria degli spazi attraverso la sopraelevazione delle strutture già esistenti.
Tra il 1822 e il 1824 vengono attuati interventi di ampliamento dell’isola per far fronte della continua carenza di spazi.
Nei primi anni del Novecento si ha una riorganizzazione dell’area conventuale con la demolizione parziale delle strutture antiche che vengono affiancata da padiglioni isolati di nuova costruzione. La ristrutturazione conferisce all’edifico un’articolazione più semplice che si sviluppa attorno alla corte d’ingresso, al chiostro porticato, antistante la chiesa, ed ai due grandi cortili posti ad est, mentre al centro dell’isola viene eretto il primo padiglione moderno.
La riforma dei primi anni trenta porta all’edificazione di due nuovi edifici destinati all’osservazione e al padiglione degli agitati; lo scopo è quello di concentrare negli stabilimenti di San Servolo solo i malati definiti curabili, inviando invece alla struttura di San Clemente i degenti definiti incurabili.
Il progetto di riordino dell’edificio, diretto dall’ingegner Antonio Spandri, comprende i locali di degenza e soggiorno dei malati e l’area destinata ai servizi generali. Le due versioni, denominate A e B, hanno entrambe come scopo principale la separazione in due sezioni distinte degli uomini dalle donne e delle principali categorie di malati tra loro, di cui gli agitati dai semi-agitati e dai pazienti in osservazione. Le donne sono sistemate nel nucleo monumentale posto ad ovest dell’isola, che viene ristrutturato senza essere riformato completamente per mancanza di fondi. Le due soluzioni presentate, A e B, mentre equivalgono nel caso dei padiglioni femminili, divergono per quanto riguarda la sistemazione della sezione maschile. La soluzione A prevede il mantenimento del padiglione centrale eretto, a inizio secolo, che viene parzialmente sopraelevato di un piano per accogliere i locali di osservazione e infermeria, mentre per la sezione agitati e semi-agitati si prospetta la costruzione di due padiglioni ex novo. Il direttore del manicomio si espresse a favore di tale progetto poiché garantiva la netta separazione tra le diverse classi di malati. La soluzione B, al contrario, non garantisce la totale separazione tra le classi di degenti, prevedendo il raccoglimento dei malati in osservazione, dei semi-agitati e dell’infermeria nel vecchio padiglione, mentre prospetta la costruzione di un padiglione ex novo da indirizzarsi alla sezione degli agitati. Il progetto esecutivo mostra la scelta della soluzione A, in seguito però modificata destinando i due nuovi fabbricati alla sezione agitati e all’osservazione. In questo modo il corpo dell’osservazione viene posto al centro del complesso, dividendo le due sezioni, maschile e femminile, e isolando il reparto agitati, che risulta confinante solo con l’area della colonia agricola. Le differenze tra i progetti e la realizzazione sono riscontrabili anche nello schema planimetrico dei nuovi edifici, in particolar modo la pianta del padiglione d’osservazione assume una forma più semplificata, a sviluppo semi-circolare con copertura piana.
Alla fine degli anni settanta, in seguito alle dismissioni del complesso, viene attuato un intervento di restauro, riqualificazione e valorizzazione, sotto la direzione dell’Ufficio Tecnico della provincia di Venezia. Per quanto riguarda gli ambienti giudicati di maggior valore monumentale è stato attuato un intervento di restauro conservativo, destinando invece gli altri edifici a funzioni totalmente nuove. I criteri generali di intervento sono stati guidati dalla volontà di mantenere i volumi dei fabbricati e le fonometrie esterne di porte e finestre, di unificare l’aspetto esterno dei padiglioni e del parco in modo da dare riconoscibilità all’intero complesso. L’intervento ha cercato di mantenere continuità di funzioni e l’antica divisione degli ambienti. |