Manicomio provinciale Francesco Roncati di Bologna

NOME ISTITUTO: Manicomio provinciale Francesco Roncati di Bologna
REGIONE, CITTÀ: Reggio Emilia, Bologna
INDIRIZZOVia Sant’Isaia, 90 – 40123
Edificio già esistente Edificio ex novo
Dati Storici:

  • 1860: l’alienista Carlo Livi in seguito a una visita dei locali di quest’ultimo ne aveva dato un giudizio negativo, per questo motivo si pensò alla realizzazione di un nosocomio speciale per Bologna. Lo stesso anno Sant’Orsola diventa una Clinica universitaria per le malattie mentali, diretta da Benedetto Monti, il quale, dopo aver visitato numerosi manicomi, aveva optato per una simile a quella di Bassens, cittadina della Savoia.
  • 1862: Monti commissiona a Ignazio Gardella un progetto per il nuovo manicomio, considerato troppo costoso dal Consiglio provinciale, il quale propone l’ampliamento di Sant’Orsola. A opporsi a tale scelta sono Francesco Rizzoli, presidente amministrativo dell’ospedale, e Francesco Roncati, nuovo direttore del reparto dei folli. Rizzoli e Roncati saranno fautori e i protagonisti della vicenda costruttiva del nuovo manicomio bolognese, autonomo dal Sant’Orsola. I due luminari individuano nella legge sulla soppressione degli ordini religiosi lo strumento provvidenziale per attuare il loro progetto.
  • 1864-1906: Francesco Roncati, direttore manicomio bolognese, assumerà un ruolo di primo piano nei lavori di trasformazione dell’ex convento di San Giovanni Battista in un manicomio moderno. Esuberante numero di presenze nell’ospedale di Sant’Orsola, privo di locali adeguati (248 pazienti sui 130 consentiti). Il manicomio sarà intitolato a lui nel 1906, anno della sua morte.
  • 1867: Lo scoppio di un’epidemia di colera  provoca un decesso proprio nel reparto degli alienati, tanto che Roncati decide il trasferimento forzato dei malati mentali nei locali dell’ex convento di San Giovanni Battista, nasce così il frenocomio bolognese. La vastità dell’edificio, la sua posizione salubre e lontana dal centro cittadino, avevano indotto l’Amministrazione provinciale a chiedere al demanio la cessione del convento. Roncati segue i lavori di modifica e ampliamento del complesso, vuole fare dell’edificio uno dei più moderni manicomi italiani, adeguato alle ultime dottrine medico-igieniste
  • 1869: cominciati i lavori di adattamento e ristrutturazione dell’edificio sotto la guida dello stesso Roncati, il manicomio bolognese divenne uno dei migliori in Italia.
  • 1891: Roncati Scrive Ragioni e modi di costruzione ed ordinamento del Manicomio Provinciale di Bologna, – una vera e propria metodologia e prassi per l’erezione dei manicomi. Secondo il suo pensiero, il frenocomio deve qualificarsi come un “luogo” particolare, i cui caratteri, rispetto ad altre strutture sanitarie, poggiano su una diversa concezione dello spazio architettonico: è una struttura educata a rieducare i malati alla comunicazione, alle relazioni sociali, al lavoro e al recupero di un’identità equilibrata. Nelle relazioni tecniche, tale spirito è manifesto là dove si rimarca la necessità di avere refettori e sale comuni accoglienti, ampi dormitori e luminosi lavoratori per la terapia occupazionale, ricchi di arredi e corredi adeguati per forma e colore, che siano di sussidio alle cure per il ritorno alla normalità e di tutela dell’incolumità dei malati pericolosi o suicidi.  
  • 31 dicembre 1980: chiusura dell’ospedale.
Stato attuale:

Dal 1983 al 2006 è stato ospitato l’Archivio storico provinciale mentre, al suo interno, ha ancora sede il Centro di studio e documentazione di storia della psichiatria e dell’emarginazione sociale “Gian Franco Minguzzi”.

Ubicazione e architettura:

Ex convento situato all’interno delle mura cittadine in via Sant’Isaia su un’area salubre e solo parzialmente urbanizzata. Già consolidato all’interno del tessuto urbano, il luogo scelto può notevolmente facilitare la nuova funzione manicomiale accorciando le distanze con gli altri servizi urbani utili allo stesso nosocomio.

L’utilizzo di un immobile preesistente non poteva prescindere da un massiccio intervento di adeguamento alla nuova destinazione d’uso. I lavori di trasformazione e adattamento dureranno tre anni, dal 1868 al 1870, nonostante la contemporanea presenza dei degenti.

L’ex complesso monastico si componeva di un articolato sistema edilizio bassomedievale, disposto su due piani, oltre la chiesa claustrale con un artistico campanile; organizzato intorno a quattro corti principali, contava più di cento locali. La puntuale descrizione degli ambienti è riportata nell’inventario, corredato di planimetria, redatto al momento del passaggio dell’immobile al demanio (1965), che ne ipotizzava l’uso a caserma. Al piano terra, sul lato est del chiostro, oltre l’ingresso sono la scala principale e il vestibolo centrale; a ovest del chiostro, sono il parlatorio, la clausura con gli ambienti del noviziato, l’educandato, la biblioteca, la sala capitolare, la dispensa e la cucina danno forma al lato sud-ovest del fabbricato. A sud insistono le stanze da lavoro delle monache, la lavanderia, i bagni, i magazzini e il forno. Al piano sopraelevato, sono il coro e il coretto, il dormitorio con le celle delle religiose, l’infermeria, i bagni, il guardaroba e altri ambienti. Nel lato nord è posta la grande chiesa. Un alto muro di cinta chiude l’intero sistema che comprende vasti spazi aperti destinati a giardino, prato e orti.

I lavori di ristrutturazione sono seguiti direttamente da Roncati, cui è affiancato l’ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale. Importanti cambiamenti sono attuati con la sopraelevazione di un piano in alcuni settori, trasformati in ambienti di degenza. Numerose le micro-trasformazioni interne eseguite, perlopiù per adeguare i vecchi locali alle nuove funzioni, ma le più devastanti distruzioni avvengono nella zona dell’ex cucina e soprattutto nella chiesa di San Giovanni Battista, nella quale sono demolite le grandi arcate e le volte a mattoni, per ottenere tre piani di dormitori; a questo intervento sono legate altre notevoli modifiche, conseguenti alle necessità funzionali interne. Ampliamento invece lento e complesso. Fino agli anni Trenta del Novecento, nella ridefinizione della struttura funzionale le scelte di natura architettonica non ledono l’aspetto originario così come l’aggiunta di nuovi corpi non muta radicalmente né la forma architettonica né la cifra stilistica dell’antico complesso monastico. Sul piano costruttivo, il complesso manicomiale attraversa tre grandi fasi di intervento: dal 1868 al 1883 si procede alla ristrutturazione e all’adeguamento dell’ex convento, cui si annette un gruppo di case in via Sana. Dal 1884 al 1905 si eseguono lavori di ampliamento della struttura originaria con l’aggiunto di un’ala lungo il confine est e la risistemazione funzionale dell’area. Dal 1905 alla metà degli anni Quaranta, si procede ai lavori di completamento con l’aggiunta di nuovi corpi edilizi, insistenti su terreni espropriati e sul lotto delle abitazioni di via Sana.

Archivio e contatti:

Sede di conservazione: Istituzione “Gian Franco Minguzzi”
Indirizzo depositi: via Sant’Isaia, n. 90, Bologna.

 

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