Ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano
NOME ISTITUTO: Ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano (altre denominazioni: Grande Astanteria Manicomiale di Affori (1923), Istituto psichiatrico Villa Fiorita (1923), Casa di cura psichiatrica e delle malattie mentali di Affori (1924), Casa di assistenza e cura per alienati e per malattie nervose (1924), Casa di cura psichiatrica e delle malattie nervose (1926), Istituto Ospitaliero di Affori (1949-1950), Istituto Ospedaliero Psichiatrico Paolo Pini di Affori (1951)) | ||
REGIONE, CITTÀ: Lombardia, Milano | ||
INDIRIZZO: Via Ippocrate 45, 20161 |
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Dati Storici:
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Stato attuale:
Nella prima metà degli anni novanta al Paolo Pini trovano spazio nuove realtà riabilitative: le Botteghe d’arte e il MAPP (Museo d’Arte Paolo Pini). Il progetto risalente al 1993 e denominato “Risveglio”, nasce dal desiderio di realizzare una Scuola d’arte e mestieri, in cui inserire congiuntamente ex pazienti e persone esterne al Paolo Pini, caratterizzata da vari laboratori creativi, che spaziano dalla scrittura alla pittura, alla grafica e al teatro. Oggi il MAPP, inaugurato il 23 maggio 1995, e l’Associazione culturale per il Recupero della Creatività Artistica (ARCA) sono realtà consolidate e costituiscono un modello di riferimento per molte altre realtà sanitarie e artistiche, che hanno saputo coinvolgere artisti di fama internazionale. Gli spazi all’aperto e le facciate, esterne e interne, degli ex padiglioni manicomiali sono state trasformate in supporti per opere d’arte, talvolta dipinte direttamente sulle murature. Molte opere d’arte, realizzate in collaborazione con alcune gallerie milanesi, consentono di far spazio, nel parco e nei padiglioni ex-manicomiali, a una collezione permanente di opere d’arte di oltre 150 artisti, tra i quali i più noti sono Enrico Baj, Emilio Tadini, Günter Brüs, Martin Disler. Oggi il problema principale è costituito dalla necessità di interventi manutentivi agli edifici: gli atti vandalici, l’aggressione degli agenti atmosferici e altre patologie di degrado affliggono le pitture realizzate nei primi anni di vita del MAPP, soprattutto all’esterno, a volte con materiali sperimentali che nel tempo hanno provocato l’innesco di problematiche conservative delle strutture architettoniche, oltre che delle opere stesse. |
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Ubicazione e architettura:
Il compito redigere il progetto di massima per il nuovo ospedale psichiatrico di Milano, capace di ospitare 250 pazienti, è affidato nel 1921 a Italo Vandone, ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale-Servizio edile, e all’alienista Giuseppe Antonini, direttore del Manicomio di Mombello. L’impianto generale prevede la realizzazione di padiglioni autonomi immersi nel verde e collegati da una fitta rete stradale interna che, benché ispirata ai modelli a “padiglioni dispersi” d’oltralpe, non rinuncia alla creazione di una spina centrale per i servizi. Particolare attenzione è riposta nel calcolo delle distanze tra i differenti padiglioni, che devono rispondere a logiche economiche e a ragioni igieniche di aerazione, soleggiamento e isolamento terapeutico. In generale i padiglioni coincidono con edifici di semplici forme architettoniche fiancheggiati da gallerie-verande e dotati di finestrature contrapposte per favorire l’aerazione interna. Il progetto prevede l’edificazione di due fabbricati simmetrici d’ingresso dotati di portico, da impiegare come portineria e ricovero della guardia medica; di un fabbricato per la direzione e l’amministrazione; di due padiglioni per l’osservazione, capaci complessivamente di 70 posti letto; di due padiglioni clinici, uno maschile e l’altro femminile, dotati di 90 posti ciascuno; di un fabbricato che raccoglie tutti i servizi generali funzionali allo svolgimento della vita interna del manicomio (caldaie a vapore, cucine, ragazzini, depositi, ecc.); di un piccolo fabbricato per i servizi funebri e l’esecuzione delle autopsie. Ogni padiglione è dotato di ampi spazi piantumati destinati alle passeggiate degli alienati, delimitati da cancellate metalliche costruite su un basso zoccolo in cemento armato. Dopo un lungo dibattito e un complesso iter progettuale si giunge alla redazione del progetto esecutivo, ancora elaborato da Italo Vandone e Giuseppe Antonini. Il nuovo manicomio si basa su un impianto di nove edifici principali disegnati lungo un preciso asse di simmetria, che trova riscontro anche nella maglia urbana cittadina. Lungo la spina centrale sono collocati gli edifici della portineria, dell’accettazione, della direzione e dei servizi, mentre sul fianco settentrionale trovano posto i due ruotati padiglioni per l’osservazione e la cura degli uomini, ai quali fanno riscontro identici volumi architettonici per le donne. Una regolare maglia stradale interna quadrangolare collega i differenti reparti, mentre una serie di spazi verdi circonda i singoli padiglioni, posti al centro di ampi giardini che, nella seconda metà del XX secolo, accoglieranno nuovi padiglioni. In fase esecutiva il progetto subisce alcuni cambiamenti, mentre l’impianto generale rimane sostanzialmente invariato, anche se alcune piccole modifiche sono apportate nella distribuzione interna dei locali. Gli anni seguenti sono impiegati per la realizzazione delle finiture e per rendere la struttura pienamente abitabile. |
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Archivio e contatti:
L’archivio dell’ex Ospedale psichiatrico “Paolo Pini” è tuttora conservato presso la struttura a Milano, sotto l’amministrazione dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano. Una piccola raccolta di fotografie, tuttavia, è conservata presso lo studio del fotografo Enzo Umbaca a Milano. Sedi di conservazione: Padiglione 7 dell’Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini |