Ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano

NOME ISTITUTO: Ospedale psichiatrico Paolo Pini di Milano (altre denominazioni: Grande Astanteria Manicomiale di Affori (1923), Istituto psichiatrico Villa Fiorita (1923), Casa di cura psichiatrica e delle malattie mentali di Affori (1924), Casa di assistenza e cura per alienati e per malattie nervose (1924), Casa di cura psichiatrica e delle malattie nervose (1926), Istituto Ospitaliero di Affori (1949-1950), Istituto Ospedaliero Psichiatrico Paolo Pini di Affori (1951))
REGIONE, CITTÀ: Lombardia, Milano
INDIRIZZOVia Ippocrate 45, 20161
Edificio già esistente Edificio ex novo
Dati Storici:

  • 1904: L’idea di realizzare un nuovo grande ospedale psichiatrico a Milano viene ufficializzata. La Deputazione provinciale incarica il dottor Ripamonti di redigere, insieme al direttore del nosocomio di Mombello (Giovanni Battista Verga), uno studio che stabilisca se è più conveniente ampliare il manicomio situato in terra briantea o far sorgere un nuovo istituto, collegato al manicomio di Mombello attraverso la “linea tramviaria”. I medici si esprimono a favore di questa seconda ipotesi, approvata dalla Commissione di Vigilanza per il Manicomio Provinciale di Mombello nelle sedute del 26 ottobre 1904 e del 25 ottobre 1905.
    Nella sua relazione Verga dichiara che i manicomi devono sorgere in prossimità di un centro abitato, poiché ne deriva sia una più corretta amministrazione sia un maggior contenimento economico di spesa, offrendo inoltre la garanzia di impiegare buoni medici all’interno delle strutture sanitarie e personale secondario più aggiornato e istruito nella pratica medica. Pur lodando i risultati ottenuti nel “colossale” ospedale psichiatrico esistente, Verga ne evidenzia l’inadeguatezza delle strutture architettoniche a causa del progressivo aumento del numero di alienati provinciali. Egli concorda con Cesare Castiglioni, Serafino Biffi e lo zio Andrea Verga – gli psichiatri che negli anni precedenti avevano già suggerito la costruzione di un nuovo manicomio all’interno della città di Milano –, nonché con Antigono Raggi (direttore dell’Istituto psichiatrico dell’Università di Pavia e del manicomio provinciale di Voghera) e Edoardo Gonzalez (direttore del manicomio di Mombello) che già nel 1895 si erano espressi sull’opportunità di edificare in città un manicomio capace di ospitare sino a 500 pazienti. Verga è dell’opinione che la capacità adeguata della nuova struttura sia di 600-700 pazienti da sottoporre a un’attenta osservazione preliminare, per consentire l’assegnazione di una cura adeguata e la dismissione prima ancora del loro ricovero.
  • 1906: l’amministrazione provinciale acquista un vasto terreno di 503.121,55 mq nell’area di Affori, distante quasi due chilometri dal polo industriale di Bovisa e caratterizzata da venti dominanti che lo riparano da eventuali influssi nocivi per la salute. Tale decisione è preceduta dall’acquisto di Villa Litta Modigliani affinché si provveda con urgenza allo sfollamento del manicomio di Limbiate. Poco discosto dal grande terreno, dunque, la Provincia è già proprietaria di un’altra area di circa 80.000 mq che comprende anche la sontuosa villa della nobile famiglia milanese, dando origine a Milano, almeno sulla carta, a un nuovo polo per la ricerca e la cura delle malattie mentali.
  • 1914: il Servizio edile dell’Ufficio tecnico provinciale suggerisce di edificare un manicomio con 1.200 posti letti: l’ingegnere capo, Italo Vandone, ritiene che oltre a questa struttura si debba costruire un ulteriore nuovo polo manicomiale capace di ospitare altri 1.000 malati. La discussione di questo progetto (11 gennaio 1915) trova pareri discordanti tra i consiglieri comunali, che poi preferiscono la costruzione di un nuovo manicomio provinciale ad Affori di 1.300 letti, da denominare Istituto d’Accettazione, Osservazione e Cura, che deve essere inteso anche come struttura sostitutiva dell’Astanteria urbana.
  • Fortemente influenzato dal pensiero di Giuseppe Antonini, il progetto del nuovo complesso di Affori è pensato con un ruolo principalmente di profilassi e, per questo, dotato di ampi locali destinati alle visite ambulatoriali e alla concertazione e incontro tra famiglie, pazienti e medici. All’ufficio tecnico provinciale egli chiede la progettazione di spazi moderni: anche se non può applicare tutte le sue convinzioni di ergoterapia, libertà e norestraint, insiste affinché il nuovo manicomio si configuri come centro clinico sperimentale di studio, dotato di laboratori autonomi e ambienti per la ricerca e lo scambio di esperienze nel campo della cura medica. Purtroppo lo scoppio della Grande Guerra e la conseguente crisi economica portano all’accantonamento del progetto di Antonini che, come quello di Verga, non sarà mai realizzato nelle sue forme compiute.
  • 1921: il compito di redigere il progetto di massima viene nuovamente affidato a Italo Vandone, ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale-Servizio edile, e all’alienista Giuseppe Antonini, direttore del Manicomio di Mombello.
  • 1° novembre 1922: viene presentata la richiesta per ottenere la licenza di costruzione; l’esecuzione dei lavori è affidata all’Impresa Ing. Giuseppe Lucchetti di Milano che dirige il cantiere con molta attenzione e celerità, consegnando i lavori terminati a rustico il 7 luglio 1923.
Stato attuale:

Nella prima metà degli anni novanta al Paolo Pini trovano spazio nuove realtà riabilitative: le Botteghe d’arte e il MAPP (Museo d’Arte Paolo Pini). Il progetto risalente al 1993 e denominato “Risveglio”, nasce dal desiderio di realizzare una Scuola d’arte e mestieri, in cui inserire congiuntamente ex pazienti e persone esterne al Paolo Pini, caratterizzata da vari laboratori creativi, che spaziano dalla scrittura alla pittura, alla grafica e al teatro.

Oggi il MAPP, inaugurato il 23 maggio 1995, e l’Associazione culturale per il Recupero della Creatività Artistica (ARCA) sono realtà consolidate e costituiscono un modello di riferimento per molte altre realtà sanitarie e artistiche, che hanno saputo coinvolgere artisti di fama internazionale. Gli spazi all’aperto e le facciate, esterne e interne, degli ex padiglioni manicomiali sono state trasformate in supporti per opere d’arte, talvolta dipinte direttamente sulle murature.

Molte opere d’arte, realizzate in collaborazione con alcune gallerie milanesi, consentono di far spazio, nel parco e nei padiglioni ex-manicomiali, a una collezione permanente di opere d’arte di oltre 150 artisti, tra i quali i più noti sono Enrico Baj, Emilio Tadini, Günter Brüs, Martin Disler.

Oggi il problema principale è costituito dalla necessità di interventi manutentivi agli edifici: gli atti vandalici, l’aggressione degli agenti atmosferici e altre patologie di degrado affliggono le pitture realizzate nei primi anni di vita del MAPP, soprattutto all’esterno, a volte con materiali sperimentali che nel tempo hanno provocato l’innesco di problematiche conservative delle strutture architettoniche, oltre che delle opere stesse.

Ubicazione e architettura:

Il compito redigere il progetto di massima per il nuovo ospedale psichiatrico di Milano, capace di ospitare 250 pazienti, è affidato nel 1921 a Italo Vandone, ingegnere capo dell’Ufficio tecnico provinciale-Servizio edile, e all’alienista Giuseppe Antonini, direttore del Manicomio di Mombello.

L’impianto generale prevede la realizzazione di padiglioni autonomi immersi nel verde e collegati da una fitta rete stradale interna che, benché ispirata ai modelli a “padiglioni dispersi” d’oltralpe, non rinuncia alla creazione di una spina centrale per i servizi. Particolare attenzione è riposta nel calcolo delle distanze tra i differenti padiglioni, che devono rispondere a logiche economiche e a ragioni igieniche di aerazione, soleggiamento e isolamento terapeutico. In generale i padiglioni coincidono con edifici di semplici forme architettoniche fiancheggiati da gallerie-verande e dotati di finestrature contrapposte per favorire l’aerazione interna.

Il progetto prevede l’edificazione di due fabbricati simmetrici d’ingresso dotati di portico, da impiegare come portineria e ricovero della guardia medica; di un fabbricato per la direzione e l’amministrazione; di due padiglioni per l’osservazione, capaci complessivamente di 70 posti letto; di due padiglioni clinici, uno maschile e l’altro femminile, dotati di 90 posti ciascuno; di un fabbricato che raccoglie tutti i servizi generali funzionali allo svolgimento della vita interna del manicomio (caldaie a vapore, cucine, ragazzini, depositi, ecc.); di un piccolo fabbricato per i servizi funebri e l’esecuzione delle autopsie. Ogni padiglione è dotato di ampi spazi piantumati destinati alle passeggiate degli alienati, delimitati da cancellate metalliche costruite su un basso zoccolo in cemento armato.

Dopo un lungo dibattito e un complesso iter progettuale si giunge alla redazione del progetto esecutivo, ancora elaborato da Italo Vandone e Giuseppe Antonini. Il nuovo manicomio si basa su un impianto di nove edifici principali disegnati lungo un preciso asse di simmetria, che trova riscontro anche nella maglia urbana cittadina. Lungo la spina centrale sono collocati gli edifici della portineria, dell’accettazione, della direzione e dei servizi, mentre sul fianco settentrionale trovano posto i due ruotati padiglioni per l’osservazione e la cura degli uomini, ai quali fanno riscontro identici volumi architettonici per le donne. Una regolare maglia stradale interna quadrangolare collega i differenti reparti, mentre una serie di spazi verdi circonda i singoli padiglioni, posti al centro di ampi giardini che, nella seconda metà del XX secolo, accoglieranno nuovi padiglioni.

In fase esecutiva il progetto subisce alcuni cambiamenti, mentre l’impianto generale rimane sostanzialmente invariato, anche se alcune piccole modifiche sono apportate nella distribuzione interna dei locali. Gli anni seguenti sono impiegati per la realizzazione delle finiture e per rendere la struttura pienamente abitabile.

Archivio e contatti:

L’archivio dell’ex Ospedale psichiatrico “Paolo Pini” è tuttora conservato presso la struttura a Milano, sotto l’amministrazione dell’Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano. Una piccola raccolta di fotografie, tuttavia, è conservata presso lo studio del fotografo Enzo Umbaca a Milano.

Sedi di conservazione: Padiglione 7 dell’Ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini
Indirizzo depositi: via Ippocrate n. 45, 20161 (Milano)

 

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