Frenocomio di San Lazzaro a Reggio Emilia

NOME ISTITUTO: Frenocomio di San Lazzaro a Reggio Emilia
REGIONE, CITTÀ Emilia Romagna, Reggio Emilia
INDIRIZZO: Via Giovanni Amendola, 2 – 42122
Edificio già esistente Edificio ex novo
Dati Storici:

  • 1821: apertura;
  • 1821-1855: è gestito dal direttore Antonio Galloni;
  • 1869: Pietro Marchelli risolve il problema dell’aumento dei malati, conferendo un’organizzazione razionale al vasto spazio;
  • 1877: Augusto Tamburini assume la direzione della struttura con l’aiuto dei due fratelli ingegneri Spallanzani. Per la prima volta, una netta distinzione del genere e della gravità della malattia informerà le azioni da intraprendere nell’ammodernamento di spazi e strutture;
  • 1907-1928: Giuseppe Guicciardi diventa direttore e con Angelo Spallanzani si ottimizzano gli spazi per renderli più accoglienti;
  • 1929-1952: la direzione passa a Bertolani che nomina il progettista Artoni;
  • 1953: sostituzione edifici preesistenti.
Stato attuale:

Il soggetto conservatore attuale è l’Azienda USL di Reggio Emilia. L’edificio è stato riadattato a funzione sanitario-assistenziale, universitaria, scolastica, culturale. Parzialmente in stato di abbandono.

Ubicazione e architettura:

Il primo nucleo si articola intorno ad un preesistente impianto conventuale, originaria parrocchia di San Maurizio, posto a nord della via Emilia, a due km dal centro storico, in una zona pianeggiante ma rivolto verso le colline circostanti.
Dal 1821 al 1855 è gestito dal direttore Antonio Galloni. Si estende presto in altri fabbricati che costituiranno i limiti dell’intera area: a ovest sono acquisite la Villa Trivelli (poi padiglione Esquirol 1860) e l’attigua Villa Marchi (poi casino Conolly) e a est la Villa Cugini (poi Villa Chiarugi 1870) creando una vera struttura manicomiale a villaggio dove sono eseguite diverse opere: i bagni, l’alloggio del Direttore, i muri di recinzione, la scala e l’abitazione del cappellano, i bagni per l’idroterapia, gli uffici, la separazione degli spazi destinati agli uomini e alle donne, la demolizione e ricostruzione dei vecchi fabbricati della tenuta agricola (1826). Conclude la prima serie di lavori la creazione di una sala per il divertimento dei malati nell’abside della chiesa (1832).
Nel 1869 Pietro Marchelli deve risolvere il problema dell’aumento dei malati, conferendo un’organizzazione razionale al vasto spazio. Verso nord viene creata una colonia agricola e poi il “villino pompeiano” (casino di piacere) e l’edificio detto “delle stuoie” (ospitare la manifattura di stuoie di giunco). Si mette a punto un piano di ampliamento che prevede l’aggiunta di un terzo piano a una parte del complesso e la costruzione di una nuova ala sul versante nord del lotto. Inoltre, si pensa di sfruttare, a fini terapeutici, i manufatti, gli spazi e le attività della tenuta agricola.
Dal 1875 “il manicomio in forma di città” comincia a delinearsi e a prendere la caratteristiche della città ideale, fuori dalle mura di San Lazzaro.
Nel 1877 il complesso manicomiale occupa una vasta area trapezoidale tra la linea ferroviaria Bologna-Milano a nord e la via Emilia a sud, articolata in tre parti: lo “stabilimento centrale”, attestato sulla via Emilia, e due gruppi di costruzioni isolate, dislocate a ovest e a est del nucleo centrale. L’area ovest accoglie: i padiglioni collegati Esquirol e Conolly; probabilmente l’edificio Pinel, riservato agli agitati uomini; il piccolo edificio della fabbrica delle stuoie; il casino Daquin; il villino Livi o “pompeiano”. La struttura a più ali dello stabilimento centrale accoglie le camere di degenza per le donne e i “servizi generali”. A nord dello stabilimento è la tenuta agricola e nella zona est sono due fabbricati: il casino Guislain e la villa Chiarugi.
Nel 1878, con la costruzione dei bagni per soli uomini tra i padiglioni Esquirol e Conolly è realizzato un più ampio complesso adibito al personale tecnico-amministrativo e medico, e successivamente ai degenti.
Intorno al 1880 si realizzano dieci nuovi fabbricati, tra questi edifici per gli agitati furiosi, cronici tranquilli, infermerie e officine che privilegiano la funzionalità rispetto alla ricerca estetica.
Nel 1882 è avviata la costruzione del villino svizzero, posto in aperta campagna, e costruito sempre su progetto di Spallanzani per servire a una o a due pazienti.
Dal 1907 al 1928 si ottimizzano gli spazi per renderli più accoglienti come per esempio il padiglione Lombroso (ora museo di storia della psichiatria) a cui sono aggiunte due ali verso nord, come anche delle officine che sono sopraelevate di un piano per ospitare nuove stanze di degenza.
Nel 1921 si crea la colonia/scuola per bambini frenastenici posta a nord e poi a ovest un piccolo quartiere di residenze, 24 palazzine con giardino singolo a due piani per i dipendenti.
Dal 1929 al 1952 si creano tre nuovi padiglioni, i primi due con caratteri decorativi neomanierista sono destinati all’osservazione di donne e uomini, il terzo edificio per le ammalate tranquille e lavoratrici ha pianta ad H con due ali gemelle destinate ai laboratori e nel piano superiore i dormitori.
Nel 1933 è indetto un concorso, aperto ai professionisti della provincia di Reggio Emilia, per la sistemazione delle aree occupate dai villini Pompeiano, Inglese e Svizzero, tutti e tre in stato di abbandono.
Dal 1950 la costruzione si limita a un ristretto gruppo di edifici eretti in sostituzione di padiglioni preesistenti, di cui hanno rispettato i limiti d’ingombro in pianta e in alzato senza tenere conto dei caratteri architettonici originari.

Archivio e contatti:

Sede di conservazione: Biblioteca scientifica Carlo Livi − Ausl RE
Indirizzo deposito: via Amendola, n. 2 − 42122. L’archivio è collocato all’interno dell’ex ospedale psichiatrico “S. Lazzaro” parte nel Padiglione Morel nelle “celle di contenzione” (1702-1961) e parte nel seminterrato del Padiglione Bertolani (1962-2000).

 

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