Manicomio provinciale di Trieste
NOME ISTITUTO: Manicomio provinciale di Trieste (altre denominazioni: Manicomio di San Giusto, Manicomio Civico, Frenocomio Civico, Manicomio provinciale di S. Giovanni) | ||
REGIONE, CITTÀ: Friuli Venezia Giulia, Trieste | ||
INDIRIZZO: Via Giovanni Sai, 34126 |
||
|
||
Dati Storici:
|
||
Stato attuale:
Oggi l’ex Ospedale Psichiatrico è significativo esempio di recupero, essendo stato oggetto di una quasi completa integrazione nel tessuto urbano tramite specifici accordi di programma grazie ai quali si sono ottenute:
|
||
Ubicazione e architettura:
Il moderato sistema gestionale open door del manicomio triestino non richiese l’eliminazione del muro di cinta (come nel manicomio di Udine). La disposizione generale dei padiglioni risultò fortemente influenzata dall’orografia del terreno che, anche per ragioni economiche, suggerì un’impostazione con asse centrale e sbancamenti per fasce parallele. L’esito finale è un insieme di 40 edifici, raggruppati in tre grandi aree. All’estremità meridionale, oltre alla portineria, venne collocata l’area con villini per degenti paganti, di prima e seconda classe, realizzati solo in parte e con rilevanti modifiche, e i padiglioni per i cronici, non tutti costruiti, in una prima versione organizzati in sequenza di quattro e secondo rigida maglia ortogonale quadripartita. Nella fascia centrale Braidotti collocò gli otto edifici destinati alle cure dei pazienti: i padiglioni per l’osservazione, nei pressi dell’amministrazione e direzione; gli edifici per sudici e paralitici nell’area prospiciente la scenografica scalinata, a doppia rampa, per l’accesso al settore più alto del complesso. In questa porzione del manicomio venne proposta la tradizionale suddivisione dei reparti in base al sesso dei pazienti e alla gravità della malattia. Nella zona a nord furono posizionati i fabbricati si servizio (centrale termica, cucina, lavanderia, teatro), con funzione di filtro tra settore a valle e area manicomiale a monte con due padiglioni dei pazienti tranquilli e il “Villaggio del lavoro”, piccolo borgo attestato attorno a una piazza centrale e alla chiesa. All’interno delle 3 macro aree trovavano spazio micro-aree funzionali, come quella destinata ad accogliere la necroscopia e i due piccoli padiglioni per ammalati contagiosi in prossimità dell’uscita a nord, quasi per esorcizzare la malattia e la morte. L’opzione per il moderato open door, che comportava l’assenza di recinzioni attorno ai padiglioni, risultò utopica proposta poiché, dopo il primo periodo di sperimentazione, a partire dal 1909 i tecnici dovettero rassegnarsi a costruire cancellate e inferiate. |
||
Archivio e contatti:
Sede di Conservazione: Archivio di stato di Trieste |