Isole

 

PER APPROFONDIRE…

Le Isole Maggiori

La realizzazione dei manicomi moderni, che caratterizzò tutto il 1800, è collocabile in uno sviluppo parallelo all’affermazione dell’assistenza pubblica sanitaria intesa come uno strumento di difesa sociale.  In questo arco di tempo infatti , si può anche inserire il riconoscimento patologico delle malattie mentali.

Conseguenza di questo affiancamento tra manicomi e psichiatria fu l’avviarsi di una nuova fase  di pensiero, quella che abbandonò il concetto di pericolosità del malato per concentrarsi sull’utilizzo della “ cura morale” in affiancamento alle teorie di Pinel sull’abolizione dei metodi coercitivi.  Venne quindi lentamente superato l’approccio custodialistico tradizionale.

A inizio 1800 non fu ancora attuato un progetto nazionale per la “pianificazione” della follia, infatti, prima dell’ Unità d’ Italia si assistette  a situazioni diversificate di gestione dei folli. Nello specifico si trattò, per la maggior parte dei casi, di adattamenti ad edifici già esistenti come ex conventi  e fabbriche o costruzioni di aree o reparti chiusi ma adiacenti a strutture ospedaliere già presenti.

Queste soluzioni sono quelle che si diffusero maggiormente nelle due Isole Maggiori.  In esse infatti si possono trovare alcune affinità soprattutto per quanto riguarda il riutilizzo degli spazi.

Un primo esempio si ha con la Real Casa dei Matti di Palermo , sorta all’interno di un ex convento.  Nel 1824, con la nomina a direttore del barone Pietro Pisani, iniziò quella che si può considerare una prima riforma ufficializzata della follia a partire da una certa laicizzazione della carica istituzionale in campo sanitario. Nello specifico, si deve proprio a Pisani il passaggio da un metodo di custodia totalmente coercitivo ad uno meno rigido.  Fino ad allora il modello di riferimento in ambito siciliano fu il Manicomio di Aversa , anch’esso costruito all’interno di un ex convento e diretto dalla figura di religiosa di Giovanni Maria Languiti.

Analizzando  le piante si può notare come il progetto di ristrutturazione per la realizzazione della Real Casa dei Matti, ponesse il centro in quello che era l’edificio centrale già presente dell’ex convento.  Molto importante nella progettazione, fu la scelta di mantenere un distinzione funzionale tra area riservata e zona visitabile ovvero tra interno ed esterno in quanto il folle doveva essere protetto dalla società considerata minacciante.

Anche in Sardegna la maggior parte delle strutture nacque da soluzioni di adattamento soprattutto ad aree adiacenti ad ospedali e ampliamenti.

Il processo generale di edificazione delle “Città dei Matti” ricevette un forte impulso con la creazione delle Province, in seguito all’Unità, le quali vennero  considerate come ente locale di riferimento per interlocuzioni e soprattutto finanziamenti.

Negli ultimi decenni del 1800 fu necessario attuare decisioni in funzione di una riduzione del sovraffollamento . Un esempio fu l’ampliamento della Real Casa di Palermo (solo in parte realizzato) che prevedeva il raddoppio dei posti  letto , l’inserimento di cortili interni e la realizzazione della colonia agricola.

In risposta a questo problema di sovraffollamento si adottò in Sicilia come in Sardegna una soluzione che prevede lo sfruttamento temporaneo di terreni di fondi rustici per la creazione di impianti distaccati.  

Con la creazione del Regno d’ Italia,  l’ordine pubblico fu una priorità da mantenere, per questo motivo le Province promossero la creazione di nuovi manicomi che aiutassero nella gestione di chi, quell’ordine, poteva minarlo.  Per la realizzazione di questi edifici gli esperti (alienisti, architetti e psichiatri) fecero numerosi sopralluoghi sia nel resto dell’Italia che in Europa, per trarre spunto da modelli già esistenti.

Un esempio in questo senso fu  il nuovo manicomio di Cagliari che venne costruito secondo il modello denominato “a villaggio” ovvero composto da padiglioni singoli destinati alle singole patologie , isolati ma comunque tutti collocati all’interno del parco.

Con questi esempi di inizio secolo si inaugurò un periodo che vide Sicilia e Sardegna competere con il resto dell’Italia nella costruzione di architetture manicomiali all’avanguardia. Tutti i manicomi realizzati secondo i nuovi e più moderni parametri infatti (colonie agricole, giardini , spazi più ampi) vennero considerati come corrispondenti ai requisiti stabiliti dalla legge n.36 del 14 febbraio 1904 riguardante le disposizioni in campo di strutture manicomiali e cura degli alienati. Nonostante  ciò, il divario con il Nord restò comunque sempre presente soprattutto per la maggiore concentrazione di malati.

Per quanto riguarda la realizzazione delle strutture manicomiali nelle città principali delle due Isole ovvero Palermo e Cagliari, possiamo riassumere che le tendenze furono quelle di  prediligere la realizzazione di impianti con criteri costruttivi omogenei e impiantistica moderna seguendo gli standard stabiliti mantenendo però sempre un rapporto di stretta dipendenza con gli enti provinciali per quanto riguarda aspetti decisionali e i finanziamenti.

I manicomi costruiti nelle città più piccole invece si limitarono a mantenere elementi di  sobrietà e requisiti essenziali.

Si può comunque affermare che  l’elemento più innovativo, identificato in generale in tutte  queste strutture fu quello di introdurre una progettualità modulare che ebbe come obiettivo primario l’ottimizzazione degli spazi.